Autocontrollo 3: il test del marshmallow

Quanti dolcetti mangio?

L’autocontrollo è stato studiato nei bambini, attraverso il test dei marshmallow ideato da Walter Mischel fin dagli anni ‘60 alla scuola dell’infanzia Bing dell’Università di Stanford.

Bambini di età compresa tra i 4 e i 6 anni venivano posti di fronte a due piattini e un campanello: sul primo piattino c’era un marshmallow, sul secondo ce ne erano due ed in mezzo al tavolo era posto un campanello. Dopo che lo sperimentatore aveva creato un momento di gioco e sintonia, spiegava che a quel punto doveva uscire dalla stanza, nel frattempo il bambino avrebbe potuto chiamarlo con il campanello o attendere che lo sperimentatore stesso rientrasse senza essere chiamato. Se il bambino avesse suonato il campanello, chiamando così lo sperimentatore, avrebbe mangiato un marshmallow (gratificazione immediata), se invece avesse atteso il rientro spontaneo dello sperimentatore, avrebbe mangiato 2 marschmallow (gratificazione maggiore, ma differita).

Questa prova risulta essere una misura della capacità di inibire sensazioni o impulsi, affinché sia raggiunta una ricompensa di maggiore valore, divenendo quindi esemplificativa dello stesso autocontrollo e come ognuno lo mette in campo.

Il semplice esperimento è stato svolto con più di 550 bambini tra il ‘68 ed il ‘74, di questi un campione selezionato è stato valutato all’incirca ogni 10 anni in base a differenti parametri, Mischel e colleghi hanno lavorato per anni a queste ricerche ed osservato:

- in adolescenza coloro che erano stati in grado di resistere più a lungo al test dei marshmallow erano più sicuri di sé, erano in grado di pianificare il loro tempo, erano capaci di autocontrollarsi, di concentrarsi, di gestire lo stress, di tollerare meglio le frustrazioni e di riuscire a mantenere le amicizie, venivano considerati più responsabili dai genitori ed avevano probabilità inferiori di sviluppare problemi comportamentali. Qualche tempo dopo, costoro ottenevano punteggi maggiori al SAT, ovvero il test per l’ammissione al college;

- tra i 25 e i 30 anni coloro che erano stati in grado di resistere più a lungo al test dei marshmallow avevano raggiunto i traguardi accademici più alti, erano stati capaci di realizzare obiettivi a lungo termine e di mantenere delle relazioni soddisfacenti, usavano meno droghe e avevano un indice di massa corporea più basso; inoltre, questi avevano maggiori capacità di adattamento e di far fronte ad eventi negativi (resilienza).

Questi risultati sono stati rilevanti e hanno anche portato gli studiosi ad esplorare in maniera più approfondita l’autocontrollo, le strategie con il quale viene espresso ed in che modo poterlo promuovere, intanto citiamo ciò che Mischel stesso in “Il test del Marshmallow – Padroneggiare l’autocontrollo” ( 2019, Carbonio Editore) ha rilevato di maggior importanza anche attraverso studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI) “le persone che, in base ai nostri rilievi, mantenevano nel corso degli anni una bassa capacità di rinvio non avevano particolari difficoltà a controllare le proprie attività cerebrali nella maggior parte delle normali circostanze della loro quotidianità. Il loro caratteristico problema con il controllo dell’impulsività – sia sul piano comportamentale che dell’attività cerebrale – si evidenziava solo quando si trovavano di fronte a tentazioni particolarmente allettanti ai loro occhi”.

Ora vorrei proporre un esercizio per autosservarsi nell’ambito dell’autocontrollo: nel prossimo articolo consiglierò i motivi per cui può essere azzardato svolgere il test del marshmallow ai propri figli o a dei bambini a cui siamo particolarmente legati, che strategie metterò in atto per evitarlo? Notarle può essere utile per conoscersi meglio.

Negli articoli ancora a venire scriverò dei modi in cui si può realizzare il self-control ed anche come promuoverlo, in primis a se stessi.

P.S.:  in youtube, digitando "test del marshmallow", compaiono filmati dove si possono osservare le spassose e credibili reazioni dei bambini con sperimentatori, a volte meno credibili, che hanno replicato l'esperimento.